Cinema

Un Certain Regard

Xavier Dolan presiederà la giuria della sezione a Cannes 2024: ma perché in passato il regista rifiutò un premio al festival?

A cura di

Mattia Migliarino

Immagini di

utero.pe


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Il Festival di Cannes del 2024 si prepara a un’edizione piena di sorprese, con una notizia abbastanza inaspettata: Xavier Dolan guiderà la giuria nella sezione Un Certain Regard. La cosa non sarebbe nemmeno così incredibile, se non fosse per il fatto che quello che molti chiamavano il ragazzo prodigio del cinema contemporaneo, ha deciso di mettere fine alla sua carriera dietro la macchina da presa già nel 2019, dopo il controverso “Mattias e Maxime”.

Conosciuto per capolavori contemporanei del calibro di “Gli amori immaginari” (2010) e “È solo la fine del mondo” (2016), Dolan ha sempre intrattenuto un rapporto profondo con la Croisette, che lo ha scoperto e lanciato già nel 2009 a soli vent’anni con il suo esordio “Ho ucciso mia madre”. L’anno successivo, il regista è tornato a Cannes con “Mommy”, presentato proprio nella sezione che avrà l’onore di presiedere nel 2024. L’annuncio della sua nomina ha destato grande entusiasmo nel mondo del cinema, soprattutto per chi spera in un suo ritorno anche dietro la cinepresa.

Ma c’è stato un momento di tensione nel rapporto tra Xavier Dolan e il Festival di Cannes nel passato, episodio che solleva anche domande sulle tematiche centrali dei suoi film e sul suo punto di vista sul mondo del cinema. Il regista di Montréal spesso incentra i suoi film sulla crisi dei suoi personaggi, concentrandosi sui turbamenti interiori dei protagonisti e offrendo una riflessione intensa e avvincente sulla loro identità e sulle sfide legate al genere.

È proprio durante la presentazione a Cannes di “Laurence Anyways” (2012), il film che tocca in maniera più lampante le tematiche riguardanti l’identità di genere, che Xavier Dolan ha attraversato una fase di dissapori con il festival, aggiungendo un pizzico di controversia alla sua intensa storia con la Croisette.

Ma perché proprio Laurence Anyways?

Dopo anni insieme, Laurence (Melvil Poupaud) confessa a Fred (Suzanne Clément) di sentirsi bloccato nel suo corpo maschile. In realtà, Laurence si sente più donna che uomo e vuole vivere secondo la sua vera identità di genere, anche se questo significa rompere con le aspettative della società.

In un’intervista rilasciata a Flavorwire Xavier Dolan sottolinea che: “Non ho mai pensato a questa storia come a una storia riguardante una persona trans. La trama non ruota attorno alle questioni LGBT o alle difficoltà legate alla transizione sessuale, è sempre stata una storia d’amore fin dall’inizio […] è una storia d’amore tra un uomo e una donna che cerca di dimenticare le etichette.”. Con “dimenticare le etichette”, comprendiamo la volontà di eliminare tutte le forme di categorizzazione.

Ecco che il contrasto tra il cineasta e il festival avviene quando il primo, dopo essere stato premiato con la Queer Palm (premio assegnato a film a tematica LGBTQ+) proprio per il suo Laurence Anyways, decide di non accettare il riconoscimento. Questa decisione suscita l’antipatia delle comunità LGBTQ+ francesi, che avevano inizialmente sostenuto il suo talento nei cineclub e lo avevano accolto come un giovane promettente e capace di trattare tematiche ovviamente per loro molto importanti. 

La determinazione del cineasta di presentare la sua opera come un film universale e non come un film queer e il distacco da un premio come la Queer Palm, è sottolineata poi dal successivo commento del regista sulla questione: “That such prizes even exist disgusts me.”. L’azione che Dolan decidere di svolgere nei confronti del festival ci mette davanti a degli interrogativi riguardo ai benefici effettivi derivanti da premi caratterizzati da una connotazione emarginante e ostracizzante, che tendono a etichettare i film realizzati da persone LGBTQ+ esclusivamente come ‘film gay’.

Questa pratica sembra alimentare una suddivisione troppo netta del panorama cinematografico, contribuendo a dare una visione frammentata della società, fatta di comunità ristrette e auto-sufficienti, al posto che renderla inclusiva. Il concetto che Dolan ha rappresentato nel suo film, “trasgredire per essere ciò che siamo”, emerge come il vero mantra di un cineasta che, oltre ad aver preso una posizione contro la Queer Palm, ha costantemente sfidato e sovvertito le convenzioni del linguaggio e dell’estetica cinematografica.

Le opere di Dolan sono dei veri capolavori, da guardare e riguardare per un sacco di motivi diversi. Ora come ora, però, forse ci basta sapere che l’ormai grande “Enfant prodige” del cinema contemporaneo tornerà a dire la sua, presenziando una sezione che, solitamente, è il vero trampolino di lancio per quelli che poi diventeranno grandi autori e in cui compaiono film con stili sempre insoliti e storie non tradizionali: ecco chissà che, magari tra un film e l’altro, a Xavier Dolan non torni la voglia di fare film per davvero.


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