Arte
Un altro, l’ennesimo, articolo su Lorelai e Rory
Come anche la serie più seguita può dirci qualcosa su chi la guarda
Tratto dalla rivista N.04
A cura di
Caterina Degl’Innocenti, Marta Civai
Immagini di
Palak Garg
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Sei una di quelle persone che riguarda sempre la stessa serie? Ti chiedi mai perché? Noi sì, lo siamo e ce lo siamo pure domandate.
Tutto ha inizio dal noioso scrolling di Spotify, possibilmente più frustrante di quello sulle piattaforme streaming, in cerca di un podcast appassionante. Il karma – o forse l’algoritmo – ha voluto che ci imbattessimo in Tv Therapy (chi siamo noi per esimerci dall’ascoltare un podcast con addirittura la parola “therapy” nel titolo?!).
Nell’episodio 15 le due speaker, una psicoterapeuta e una content creator specializzata in serie tv, si chiedono quali siano le serie più riguardate, quali le caratteristiche di una serie volta al rewatch, quali siano le loro preferite. Come altre puntate del podcast, anche questa chiude con un esercizio di auto riflessione consigliato dalla terapeuta: che serie scegliamo da riguardare? Come mai? Che contesto stiamo vivendo adesso e quale contesto propone la serie? E ancora, che stato d’animo, chi eravamo, come ci sentivamo quando guardavamo la serie per la prima volta?
Inutile negare che nella nostra mente sono subito apparse Rory e Lorelai Gilmore sedute al tavolino di Luke con davanti l’enorme caraffa di caffè e un toast dall’apparenza stomachevole.
Il 15 luglio 2002 veniva trasmesso per la prima volta su canale 5 la prima stagione di Una mamma per amica e probabilmente 2 anni dopo, all’età di 7 anni, stavamo già passando i nostri pomeriggi di giugno fatti di gelato, tapparella abbassata e divano, ad osservare due giovani donne parlare velocissimo e districarsi in vicende amorose alla tv.
Questo caldo ricordo di noia e leggerezza estiva è probabilmente ciò che ci riporta ogni volta, 20 anni dopo, a scegliere Gilmore Girls su Netflix.
Il nostro modo di fruire della serie è sicuramente cambiato negli anni. Da una parte la visione disinteressata e casuale, quasi infastidita dal trovarsi per l’ennesima volta davanti a quei due volti noti mentre si fa zapping. Dall’altra, un contenuto scelto accuratamente tra mille proposte perché fa vivere in noi quell’immaginario amarcord, talvolta non così leggero come appare.
Amy Sherman-Palladino, nei primi anni Duemila, ha creato la realtà di Stars Hollow come una piccola cittadina del Connecticut, probabilmente anche per far emergere tutte quelle caratteristiche del piccolo paese di provincia che, a due tipe come Rory e Lorelai, possono andare molto strette. Lo spropositato senso di comunità, appartenenza, vicinanza e sostegno fra gli abitanti di Stars Hollow ci porta — quasi — a desiderare e rincorrere quelle precise dinamiche sociali: il bazar di Taylor, che diventa luogo di incontri fugaci (non sempre desiderati) fra Rory e i suoi spasimanti, il caffè di Luke, ambientazione di numerose scene, il musicista locale, metapersonaggio che fa da colonna sonora alla vita del quartiere e anche della serie stessa, il Comitato Cittadino, che sistematicamente si riunisce per discutere delle criticità e delle nuove proposte della comunità.
Tutto questo ci dà un’enorme percezione e parvenza di manifestabile sicurezza, facendoci però elaborare nell’istante dopo che la sua appetibilità è transitoria, come le stesse ragazze Gilmore dimostrano.
Tra fame di imprenditorialità e sogni su una brillante carriera giornalistica, Stars Hollow emerge talvolta come la madre premurosa che Lorelai non riesce a essere per sua figlia, figura della quale anche lei, forse, ha bisogno perché troppo intenta a portare avanti una (giustificata) guerra con la sua Emily Gilmore.
Nel 2023 Gilmore Girls diventa un trend Tik Tok (o forse è solo la nostra bolla?) e la storia si ripete con ragazzine della Gen Z che si perdono nelle continue trame delle vite sentimentali delle due giovani americane. Nel 2023 Lorelai e Rory diventano icone di stile, in ogni puntata almeno una volta ti viene da pensare di voler cercare su Vinted quel maglioncino a collo alto o quei jeans a vita bassa con l’obiettivo di ricreare quel nostalgico guardaroba che non abbiamo mai avuto ma che forse abbiamo sempre desiderato. Siamo sicuri sia una buona idea?
Le squillanti voci (rigorosamente in italiano) delle due giovani abitanti di Stars Hollow continuano quindi ad accompagnarci in merende e pranzi. Dalla sigla fino ai titoli di coda ti senti per un po’ immerso nella semi-zuccherata realtà dove non accade mai niente di troppo brutto e anche se ti perdi una puntata, diventa solo l’incentivo per ricominciare dalla prima stagione il prossimo autunno.
Da una serie prodotta per dare comfort, nessuno è stato così poi tanto interessato ai contenuti del sequel, contornato da un misto di decadenza e realtà che rivendichiamo di non volere per le nostre amate Lorelai e Rory, non tanto per loro, quanto per la nostra serenità in pausa pranzo.