Ozpetek

Cinema

La scala Ozpetek: la cartina di tornasole del cinema italiano

Analizzando gli elementi della produzione filmica del regista turco, si può individuare un leitmotiv che caratterizza la settima arte del nostro Paese

A cura di

Bernardo Maccari

Immagini di

Nicolò Guelfi


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Sembra assurdo, ma, perché un film sia “di Ferzan Ozpetek”, che di questo film Ozpetek sia effettivamente il regista non è necessario. Condizione necessaria – non sufficiente – perché un film possa fregiarsi di questa coccarda è che sia ambientato a Roma, magari al quartiere Ostiense.

Così come è necessario, ma non sufficiente, è che tratti dei drammi mondani di personaggi condizionati da indolente noia borghese. Condizione necessaria, ma non sufficiente, è che nel cast siano presenti Margherita Buy, Stefano Accorsi, Riccardo Scamarcio.

La prima e ovvia conseguenza di tutto questo è che alcuni film di cui Ozpetek è effettivamente il regista non sono, realmente, film di Ferzan Ozpetek. La seconda conseguenza dell’esasperato ricorrere di certi temi è che i suoi lavori si prestano perfettamente ad essere presi come riferimento. Così nasce la “Scala Ozpetek”.

Una produzione, quella del regista turco, che si potrebbe definire dominata da dei minimi comuni denominatori. E che, combinati con le tematiche trattate e con le modalità con cui queste tematiche vengono esposte, me lo hanno fatto prendere di mira.

Non si tratta di una critica, nel reale senso del termine. Le capacità di Ozpetek dietro alla macchina da presa sono innegabili, e gli si deve riconoscere il merito di aver sdoganato, almeno in Italia, un certo genere di film. Si tratta piuttosto di una critica a quello che  rappresenta nel grande equilibrio delle cose del cinema del Belpaese, e quindi di una critica a quest’ultimo. Ma andiamo per gradi.

Non esistono case normali nei film di Ozpetek

Qualche tempo fa, guardando su Youtube questo video di Luca Ravenna per la prima volta ho iniziato a fare caso alla tendenza, davvero molto diffusa, che hanno i registi e gli sceneggiatori italiani a dare per scontato che ogni coppia fra i 30 e i 40 abbia ereditato da genitori, nonni, o magari un passante particolarmente ben disposto, immobili finemente arredati in lussuosi quartieri residenziali. Parioli, Vomero, Viale Dei Colli. Il meglio del meglio delle più belle città italiane. E, aggiungo io a quello che dice il comico: l’alternativa, unica e imperante, è la miseria.

Per esempio: in Se Dio vuole, film di Edoardo Falcone con protagonista Marco Giallini nei panni di un affermato cardiochirurgo, ovviamente ambientato a Roma, si passa per motivi di trama dal punto A, uno splendido attico ai parioli, al punto B, una casa popolare in un quartiere periferico. Si ha l’impressione che provare a descrivere tutto ciò che sta in mezzo, o anche solo una delle situazioni ai due diversi estremi, in maniera approfondita, sia ritenuto uno sforzo superfluo. Ecco, la tendenza a rendere assolute situazioni plasticamente impostate come realiste o realistiche, senza che abbiano alcun collegamento con il “paese reale” è il vero minimo comune denominatore dei film di Ozpetek.

La scala Ozpetek

I protagonisti ballano scalzi sulla terrazza di un attico? 15 punti. Una bellissima donna di mezza età intraprende un’avventura amorosa con un affascinante ma misterioso uomo più giovane di lei? 25 punti. Quest’uomo è interpretato da Stefano Accorsi? 10 punti. Appare l’attrice Serra Yilmaz, famosa praticamente solo per essere la musa del cineasta? 35 punti. Un personaggio, la cui saggezza è una maschera, dispensa consigli qualunquisti sul senso della vita in stile Maestro Oogway di Kung-Fu Panda? 5 punti (a consiglio).

Mi piace pensare che nelle case di produzione cinematografiche, quando c’è bisogno di far uscire un film che non arruffi troppe piume ma che abbia comunque degli incassi dignitosi al botteghino, i più esperti tirino fuori degli appunti e inizino a elencare, su una grande lavagna, tutti gli elementi necessari a raggiungere un valore sufficiente sulla scala Ozpetek.

Mi piace immaginare il panico quando Margherita Buy o Giovanna Mezzogiorno non sono disponibili per il ruolo della protagonista femminile, e la conseguente chiamata a una tra Valeria Golino e Elena Sofia Ricci, mostrando affettato entusiasmo, per convincerle a prendersi un ruolo che non era pensato per loro.

Ozpetek
Stefano Accorsi, Ferzan Ozpetek e Margherita Buy hanno inaugurato il loro sodalizio artistico nel 2001 sul set del film “Le fate ignoranti”.

Ancora di più mi piace immaginare, ma questo lo ammetto è un sogno, che da qualche parte a Cinecittà sia nascosto un progetto impolverato, dimenticato da tutti: il primo film con un valore di 100 sulla Scala Ozpetek.

L’equivalente cinematografico dell’esplosione del vulcano nascosto sotto il parco di Yellowstone. Un remake de Il ciclone ambientato nei castelli romani. Protagonista Castellitto Jr, nipote di un ormai attempato Accorsi, che scopre la sua sessualità imparando a ballare il flamenco con delle bellissime ballerine spagnole pur essendo zoppo. Colonna sonora affidata ai Maneskin che ormai fanno musica folk romana alla Mannarino, e tornano in cima alle classifiche dopo anni nell’ombra, una seconda giovinezza artistica per gli ormai trentacinquenni ex-ragazzi-terribili.

Il problema del cinema è nella distribuzione

ITutto questo per segnalare, scherzando, che il problema del cinema italiano, come dicono in tanti tanto più qualificati di me, non è un problema prettamente qualitativo. Il problema sembra più essere collocato a livello promozionale e di distribuzione. Perché The Holdovers, commedia candidata all’Oscar, non è stata fatta uscire durante le vacanze di Natale, visto che è ambientata proprio durante le vacanze di Natale? Per quale motivo per far sì che si parlasse de La Chimera sono stati necessari appelli di regista e attori sui social? Perché è uscito il seguito – il terzo episodio – de I soliti Idioti? La verità è che per avere una risposta, puntuale e precisa, a queste domande, e a qualsiasi altra domanda potrebbe mai venirvi in mente a tema “cinema italiano”, basta guardare Boris.

Ma è possibile che in realtà il problema stia proprio nelle modalità con cui si approccia alle nuove produzioni. Chi decide con uno schemino molto dettagliato sotto agli occhi, come spesso capita anche in ambito discografico, per esempio. Cosa andrà bene al botteghino? Cosa piacerà a questo tipo di pubblico? Cosà può uscire in questo periodo? Si è convinti che per fare cinema si debbano seguire certe procedure standardizzate. Più le si seguono, più è difficile che ciò che viene prodotto sia un lavoro originale, interessante, stimolante.

E quindi, se state vedendo un film e vi sembra di averlo visto già altre trenta volte, tirate fuori la vostra Scala Ozpetek: qualsiasi pellicola sopra il valore di 50 finanziata dalla Regione Lazio probabilmente l’avete veramente già vista trenta volte.

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