Sport
Le radici dove non esistono: la Fiorentina non è Firenze
Dopo gli scontri in Svizzera il presidente Commisso ha fatto un paragone azzardato tra il comportamento degli ultras e il buon nome della città
A cura di
Enrico Casanova
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E ciò che accade? Siano essi eventi, fatti o il semplice susseguirsi delle cose, induce l’essere sociale al ragionamento, permettendo di elaborare, rielaborare, soffermarsi oppure passare oltre. Nascono emozioni e reazioni: chi si indigna, chi alza lo sguardo dal telefono e incrociando un paio d’occhi amici sorride e dice che orrore! Ma c’è anche chi commenterà ermeticamente con un mah! Il costante flusso di informazioni cui è sottoposto l’uomo moderno rischia di spegnere apaticamente ogni genere di risposta, ogni tipo di domanda. Conducendolo poi inesorabilmente al fatto compiuto, all’immanenza del danno perpetrato nei confronti di una persona, di un luogo, di un simbolo.
Fino a qui, tutto già detto. Tutto già scritto. L’importanza dell’opinione, il suo peso, la sua bellezza, la sua capacità di scardinare lento pede le convinzioni più profonde, la sua resilienza nell’insinuare il dubbio. L’opinione è sacra, la si benedica, le si dica grazie, anche quando essa sia di una inascoltabilità palpabile e imbarazzante.
Ci si chiedeva delle radici in relazione allo sport. Ci si grattava il capo e scrollandolo scoraggiati ci si rassegnava: ma quali radici? Non ci sono radici. Ed è forse la verità, la nostra verità, la nostra opinione.
Il 24 ottobre scorso si è giocata in terra elvetica San Gallo-Fiorentina, valevole per la prima fase di Conference League; trofeo – per l’appunto – privo di radici sportive e, non me ne vogliate, privo anche di germogli. Ma non è questa la sede o, quantomeno, il momento per approfondire la folle proliferazione di eventi calcistici. L’incontro è stato disturbato e interrotto tre volte per il lancio da parte della tifoseria viola di fumogeni. Molti fumogeni. Si sono registrati anche dei danni all’impianto e ai mezzi di trasporto adoperati dai supporters. Una gita scolastica in terra di borghesi alla quale hanno partecipato un po’ troppi alunni degli ultimi banchi. Mettiamola così.
L’ACF Fiorentina dovrà pagare 50000 euro e in più risarcire i danni provocati. Infine, la tifoseria è stata inibita per due turni. Vandalismo, niente di più. Pagherà Rocco, cosa che a qualcuno farà anche piacere. Di certo non al tycoon che difatti non ha perso tempo e la sua risposta è arrivata con una breve nota dai toni paternalistici e insolitamente rilassati e concilianti. Sarebbe anche andata bene, una posizione ferma di condanna e di distacco da parte della società verso comportamenti non consoni dei propri tifosi. Tutto corretto. Era quello che serviva, nel gioco delle parti tra padri e figli scapestrati.
Ma poi leggendo le parole si ascolta:
I fatti di giovedì rischiano di rovinare questa immagine, per comportamenti irresponsabili da parte di alcuni, creando un danno non solo alla Fiorentina, ma anche a quello che Firenze rappresenta in Italia, in Europa e nel mondo
E, volendo infierire, ecco l’incipit delle parole commissiane:
Firenze è una città meravigliosa, riconosciuta nel mondo per la sua arte e la sua bellezza
Sarebbe opportuno mordersi la lingua, dirsi va bene, è così. Ma ogni tanto non si può, e forse spinti anche dalla noia si vuole dire la nostra. È davvero sorprendente la disinvoltura con la quale si accosta la distruzione di un paio di cessi dentro a uno stadio di provincia all’immagine di Firenze nel mondo. E non ci troviamo qui per scagliarci contro Rocco Commisso, il quale semplicemente e forse ingenuamente si accoda a una ormai lunga tradizione che vuole accostare una squadra a un’idea, un’immagine da vendere.
Radici, radici, radici! Radici al quadrato! Ma cosa fanno le radici? Qual è il loro compito in natura? Ti attaccano al terreno, al territorio, ti nutrono. Ti danno equilibrio, il meraviglioso equilibrio del quale sempre più abbiamo bisogno.
E così, nel pieno del processo di svendita della città di Firenze al turismo di massa, nel pieno dello sgretolamento progressivo di tutta una serie di spinte artistiche e culturali che avevano caratterizzato la città, veramente ci si scomoda e si affida alla squadra della Fiorentina e ai suoi tifosi la diffusione di un’immagine positiva? Sembra di sognare. Eppure a forza di dirlo, diverrà normale. Tanto normale che nessuno ormai ci pensa. Nessuno che dica: ma che siamo diventati tutti grulli? Sfugge all’intelletto quale sia il titolo che permetta al presidente Commisso, che va sicuramente ringraziato per i suoi investimenti, di difendere l’onore e la rispettabilità di una città, di dettare le regole morali, le leggi comportamentali.
Si schieri contro i tifosi, contro gli ultras. Redarguisca gli scalmanati. Legittimo, se non auspicabile. Ma non cerchi di incatenare una relazione che non esiste; la città è satura di brand. Un altro brand da esportare, da vendere. David, Piazzale Michelangelo, bistecca e partita della Fiorentina nel nuovo stadio: pacchetto completo. C’è un antico adagio che recita: scherza con i fanti e lascia stare i santi. Più precisamente ricordiamoci, non c’è nessun legame tra il gioco del pallone e l’opera artistica di qualche genio di secoli fa. Perché di secoli si parla, di un mondo fa.
Qualcosa che esiste solo nella materialità di Firenze, che per il resto crepa silenziosa. Esatto, come una statua accetta il suo destino. Il club Fiorentina e la città di Firenze non hanno la stessa matrice, mettiamolo bene in chiaro; non condividono nessuna radice, se non il fatto di accadere (o essere accaduti) dentro le stesse mura. Non si era mai visto nessuno mettere in dubbio l’efficienza della città di Rotterdam quando i suoi hooligans devastarono la Barcaccia a Roma. E menomale. Non si faccia di tutta l’erba un fascio, di tutta una foresta una radice. Si faccia sport, si faccia calcio, con tutte le belle cose che ci sono dentro quel mondo. Non si costruiscano nuovi souvenir per qualcun altro.