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Neil Young, la storia del rock e la rivoluzione permanente in una canzone

My My, Hey Hey racconta tutta la filosofia dietro un genere unendo insieme tre generazioni di cantautori

A cura di

Lorenzo Marsicola

Immagini di

Wikimedia Commons


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Siamo sul finire degli anni ’70, e il panorama musicale mondiale è spaccato: da una parte sta esplodendo il fenomeno della disco music; dall’altra in Inghilterra sta nascendo il punk, ribelle e disilluso, che si scaglia contro la nuova musica “commerciale”, ma che allo stesso tempo vuole sostituire i vecchi idoli del mondo del rock, ritenuti ormai “arrugginiti”.

In questo contesto, nel 1978, Neil Young scrive insieme a Jeff Blackburn, suo compagno nella band The Ducks, progetto nato e finito nell’anno precedente, My My, Hey Hey (Out Of The Blue). Il cantautore canadese è già una leggenda nel mondo della musica rock: prima con i Buffalo Springfield, poi con il super-gruppo country Crosby, Stills, Nash & Young, seguiti dalla consacrazione come solista con l’album After the Gold Rush.

Il ’77, l’anno spartiacque

Tuttavia, dopo lo strepitoso successo commerciale di Harvest del 1972, da diversi anni non è più sotto la luce dei riflettori: le tendenze musicali stanno cambiando velocemente in quegli anni, e il folk o il rock stanno perdendo il loro ruolo di guida nel panorama musicale mondiale. Una serie di eventi lo spingono però a tornare sulla scena: nel 1977 muore Elvis Presley, padre del rock ‘n’ roll, e contemporaneamente in Inghilterra scoppia il fenomeno del punk, guidato dai Sex Pistols, di cui Young è un sostenitore.

Questa straordinaria coincidenza, la morte della prima vera e propria star del mondo del rock, e l’ascesa di una giovane band che a sua volta influenzerà in maniera indelebile tutta la musica degli anni a venire – e non solo -, spronano Neil a scrivere quello che a tutti gli effetti è un compendio di storia e filosofia del rock. Il testo del brano (pubblicato sull’album Rust Never Sleeps del 1979) è uno dei più celebri e citati di sempre.

Le strofe del pezzo si alternano in una sintesi equilibrata di versi enigmatici e allusivi, e di slogan giovanilistici di forte presa emotiva. Lo stesso titolo dell’album in cui My My, Hey Hey è contenuta, Rust Never Sleeps “La ruggine non dorme mai” è già allusivo: la frase è rubata a una pubblicità per un prodotto antiruggine, da cui Young fu letteralmente folgorato, tanto da farne il cardine del suo ragionamento: il tempo passa inesorabile, il rischio non è solo quello dell’invecchiamento fisico, ma soprattutto quello della corrosione artistica. E solo il rock, inteso sia come musica sia come filosofia di vita, offre una via di fuga.

Rock N’ Roll is here to stay

Lo stesso tema torna nel primo verso della canzone, che apre l’album: rock n’ roll is here to stay / it’s better to burn out than to fade away “Il rock ‘n‘ roll è qui per restare, è meglio bruciarsi in fretta che spegnersi lentamente” probabilmente uno fra i più famosi e incisivi di sempre. Parole che, peraltro, non possono non richiamare alla memoria l’urlo di rabbia generazionale contenuto in My Generation degli Who: I hope I die before I get old! “Spero di morire prima di diventare vecchio”. Gli Who cantavano il disagio di una gioventù compressa da convenzioni reazionarie, pronta a morire piuttosto che ingrigirsi negli stereotipi della società conservatrice britannica.

I versi di Young sono solo parzialmente legati a questo, ed esplicitano soprattutto il timore di un imborghesimento artistico e dello sfruttamento capitalistico da parte dell’industria discografica, processo peraltro esistente fin dagli albori della musica rock, basti pensare ai Beatles.  Da ciò è possibile tenersi lontani solo percorrendo con onestà la strada del rock, fonte di eterna giovinezza concetto ribadito anche nell’ultima strofa della canzone, in cui Young canta:

“Rock ‘n’ roll can never die”.

Il passato rock di Elvis

Si diceva all’inizio che My My Hey Hey non solo traccia chiaramente i caposaldi della filosofia rock, ma in qualche modo ne racconta con icastica efficacia anche la storia. Il verso “The King is gone but is not forgotten / This is the story of Johnny Rotten” riassume con efficacia trent’anni di storia. Il Re (The King) è ovviamente Elvis Presley, morto due anni prima, che rappresenta la nascita e la diffusione del rock’ n’ roll, e la grande tradizione americana. Adesso, però, è esploso il punk, e bisogna narrare un’altra storia, la storia di Johnny Rotten, leader dei Sex Pistols.

Neil Young suona Hey Hey, My My alla prima edizione del Farm Aid nel 1985. L’evento fu organizzato dal musicista contry Willie Nelson per raccogliere fondi per gli augricoltori americani e si svolse al Memorial Stadium di Champaing in Illinois.

Il presente punk dei sex pistols

C’è una continuità fra le due grandi epopee che non può essere ignorata: da Elvis a Rotten, vecchi e nuovi eroi continuano a raccontarci una storia che vive tanto nel ricordo di un passato imprescindibile, quanto nei fermenti creativi (e distruttivi) della nascente ondata punk, condannata dai media e dall’opinione pubblica inglese del tempo, ma che affonda le proprie radici nella filosofia alla base del rock ‘n’ roll, in cui lo stesso Young si rivede. Lo scopo del cantautore canadese è quello di gettare un ponte, che colleghi due epoche e due figure per certo versi differenti, ma animate dalla stessa vena ribelle e dissacrante.

Il futuro grunge dei Nirvana

Ma l’influenza del pezzo non finisce qui. Young negli anni ’90 diventerà uno dei “padrini” del grunge, My My Hey Hey un inno. Il verso “it’s better to burn out than to fade away” viene citato esplicitamente nella lettera d’addio scritta da Kurt Cobain poco prima di togliersi la vita: “Io non provo più emozioni nell’ascoltare musica e nemmeno nel crearla… – scrive il leader dei Nirvana -. A volte mi sento come se dovessi timbrare il cartellino ogni volta che salgo sul palco… ricordate, è meglio bruciarsi in fretta che spegnersi lentamente”.

Proprio a My My Hey Hey deve aver pensato anche Eddie Vedder, quando in Immortality, la canzone che si dice dedicata all’amico Cobain, pronuncia il verso:

“Some die just to live” (qualcuno muore proprio per vivere).

My, My, Hey, Hey (Out Of The Blue) che apre la prima facciata del live Rust Never Sleeps (disco dal vivo ma con brani inediti), viene riproposta in versione elettrica alla fine dell’album, con il titolo modificato in Hey, Hey, My, My (Into The Black). I due brani sono due facce della medesima medaglia, anche se nella versione elettrica il testo cambia leggermente. Neil Young ha concepito quest’ultima versione proprio con l’idea di trasmettere l’essenza stessa della musica rock. Quella debordante energia primitiva che doveva essere gettata addosso agli spettatori nei concerti con un volume altissimo.

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