Musica
Fridays on the moon | ONLINE #2
O anche 3 album che gli sono piaciuti
A cura di
☝🏻 Abbonati a Ratpark Magazine
☝🏻 Condividi se ti è piaciuto!
Ehilà, sono @protofra, il vostro SpinnIt di quartiere. Di seguito il mio contributo alla domanda a cui Bernardo e Lorenzo hanno già provato a rispondere sull’ultimo numero del magazine, ovvero: il secondo album è davvero il più difficile? Di seguito altri tre esempi di artisti che al secondo album hanno superato quanto fatto all’esordio.
Michael Kiwanuka – Love & Hate
Love & Hate è il secondo album di Michael Kiwanuka, artista britannico di cui ho parlato già altre volte. Un artista fondamentale in quella che è stata la rinascita del soul degli ultimi anni.
Pubblicato nel 2016, a quattro anni dall’esordio Home Again, questo secondo album rappresenta una vera e propria pietra miliare non solo per la carriera di Kiwanuka, ma per tutto il neo-soul, come dicevo.
Partendo dalla prima traccia, Cold Little Heart, un brano lungo 10 minuti con una intro clamorosamente cinematografica che strizza l’occhio agli anni ‘70 fra psichedelia e progressive alla Pink Floyd, Kiwanuka costruisce un disco ricchissimo dal punto di vista sonoro, di contenuti e di significati.
Tutto in Love & Hate è perfetto, curato e studiato nel minimo dettaglio e con un sound che, per quanto già sentito, è unico. Vi consiglio di ascoltarlo tutto d’un fiato e poi di rifarlo ancora e ancora.
Nirvana – Nevermind
Quando sono stato informato sul tema che avrebbe dovuto collegare i vari album da selezionare, ho pensato subito a due cose: Verità Supposte di Caparezza e Nevermind dei Nirvana. Del primo hanno già parlato i miei colleghi sulle pagine di RatPark, per quanto riguarda Nevermind, invece…
Ci sarebbero davvero 800 miliardi di cose da dire su questo album, e probabilmente non basterebbero. Esplicito subito una cosa che chi conosce SpinnIt da un po’ probabilmente già sa: sono molto legato al grunge e, in generale, al rock degli anni ‘90 – ne ho parlato anche di recente su SLEEVE Magazine – tuttavia nel triumvirato di Seattle, composto da Soundgarden, Pearl Jam e Nirvana, questi ultimi sono quelli a cui sono meno legato.
Non so dirvi bene il motivo, forse è il desiderio di doversi sempre un po’ distinguere, forse le voci di Eddie Vedder e Chris Cornell, in particolare, mi fanno vibrare le corde dell’anima in maniera diversa. Fatto sta che, nonostante questo, ignorare l’importanza dei Nirvana e, soprattutto, di Nevermind sarebbe da criminali. And I’m a nice guy.
Nevermind, pubblicato il 24 settembre 1991, è uno dei dischi più iconici della storia del rock e ha avuto un impatto culturale immenso. Questo secondo album della band di Seattle, guidata da Kurt Cobain, è considerato il manifesto del movimento grunge e uno degli album che hanno definito gli anni ’90. Con brani potenti, testi introspettivi e un sound che mescola aggressività punk, melodia pop e l’energia del rock alternativo, Nevermind ha catapultato i Nirvana nel mainstream.
Lo so che fra di voi ci sono gli enthusiasts di Bleach, ci sono sempre. Ma non si può negare né l’impatto di Nevermind né il fatto che, semplicemente, sia un disco migliore. I brani sono meno grezzi, tutto è molto più a fuoco, preciso. Certo, tutto è molto pop, non a caso è uno degli album rock più ascoltati di sempre. Ma magari il pop fosse sempre così.
Anche in questo caso inutile suggerire una canzone in particolare: va ascoltato tutto. Vi dico, però, la mia preferita: Territorial Pissing.
Metallica – Ride The Lightning
Qui la faccenda si fa più complessa. Nel caso delle due scelte precedenti, il secondo album coincideva anche con l’album migliore dell’artista. Per i Metallica, invece, la questione è un po’ diversa. Intanto perché la band formata da James Hetfield, Lars Urlich e Kirk Hammett ha una discografia enorme rispetto ai Nirvana – per ovvi motivi – e Kiwanuka. Ma poi perché, nel corso della loro lunghissima carriera, i Metallica hanno saputo evolversi passando dall’essere la band thrash metal più famosa a essere la band più famosa in tutto il panorama heavy.
Provando a dividere la carriera dei Metallica fra periodo thrash e quello post Black Album, mi viene da dire che Ride The Lighting non sia il migliore del primo periodo, ma rappresenta uno step forward clamoroso rispetto all’esordio Kill ‘Em All.
Ride The Lightning, pubblicato il 27 luglio 1984, è un disco più complesso, stratificato e profondo rispetto all’esordio. È un album in cui la band, sperimentando, ha definito i canoni di un intero genere: basti pensare al fatto che è praticamente il primo album metal in cui si utilizza la chitarra acustica e non solo l’elettrica.
In questo album si indagano argomenti più complessi come la morte, la guerra, la colpa, la fine dell’umanità e il suicidio. I brani sono più lunghi e articolati, con cambi di tempo e dinamiche che dimostrano una crescita incredibile dei Metallica, destinata a continuare con Master of Puppets – probabilmente il loro capolavoro – e …And Justice For All –, il mio preferito.
È un album a cui sono legatissimo, che nel periodo adolescenziale mi ha accompagnato per pomeriggi interi mentre imparavo a suonare la chitarra. Un’opera clamorosa e senza tempo che anche chi non è appassionato di metal dovrebbe ascoltare almeno una volta. Anche in questo caso, tutto d’un fiato.
Peace!