Politica e società
Follia al potere
Breve e inutile riflessione sull'(dis)ordine pubblico
A cura di
Lorenzo Marsicola
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Venerdì due febbraio 2024. Sto passeggiando per il centro di Bologna con un’amica e decido di fermarmi a prendere un caffè in Piazza Maggiore. Il freddo è pungente, come spesso capita in questa città, ma tra le nuvole uno sprazzo di Sole rende la situazione perlomeno vivibile.
Supero via Rizzoli e svolto a sinistra verso la piazza e improvvisamente sento quelle che sembrerebbero delle grida. Mi avvicino, e subito capisco che non sono grida. Sono cori, urla, risate. Da un angolo della piazza li leva un fumo. Brucia qualcosa? Siamo sotto attacco? Comincio a camminare velocemente, e via via che mi avvicino alla basilica di San Petronio comincio a notare vetri per terra, bottiglie, lattine e sigarette, qualche fumogeno.
Non è una battaglia, non sono i barbari o i tedeschi, è solo un nutrito gruppo di ultras, tutti vestiti di nero, con sciarpe bianche. Apro il telefono, controllo subito che partita c’è la sera. Calcio o basket, questo è il dilemma. Scopro che è della palla a spicchi che si tratta. E in particolare dei miti e disponibili tifosi del Partizan di Belgrado, storica società di pallacanestro serba, che in serata affronta la Virtus Bologna in una partita di Eurolega.
I tifosi hanno sostanzialmente preso possesso di due bar della piazza, con fumogeni e bottiglie in vetro alla mano. Vedo famiglie, studenti, anziani passargli il più lontano possibile, con uno sguardo misto di terrore e rassegnazione. Rimango lì, bloccato, rinuncio all’idea del caffè. Mi guardo intorno e noto un dettaglio interessante: solitamente in Piazza Maggiore sono presenti almeno un paio di volanti delle forze dell’ordine. Noto con sorpresa che proprio oggi non ce n’è neanche l’ombra.
Rimango basito. In quel momento esce un cameriere da uno dei due bar presi d’assalto. Cerca di parlare con alcuni dei tifosi, ma viene bellamente ignorato o, peggio, sbeffeggiato da tutti quelli che prova a interpellare, e non gli resta che rientrare a testa bassa dentro al locale. Passa mezz’ora, un’ora e io sono sempre lì ad osservarli. Troppa curiosità, voglio sapere cosa succederà. Interverrà qualcuno? O avranno campo libero finché non è il momento di spostarsi verso lo stadio? E perché non c’è nessuno a sorvegliare? Lungi da me criticare la prefettura di Bologna, ma a me sembra proprio una di quelle situazioni potenzialmente rischiose.
E se passasse un ragazzo con la sciarpa della Virtus, che succederebbe? O se qualcuno si azzardasse a chiedere di abbassare il volume? O se volessi solo prendermi un caffè? Ma non è tanto questo a turbarmi, perché probabilmente non c’è pericolo e forse sono solo io un po’ansioso. Forse le forze dell’ordine ci sono, e se ne stanno solo in disparte. La vera domanda che mi viene in mente è un’altra: ma se al posto di un gruppo di ultras scalmanati, ci fossero stati degli studenti? Magari attivisti per il clima, o una manifestazione contro la violenza di genere? O magari una protesta sindacale? Sarebbe stato permesso anche a loro di prendere sostanzialmente possesso della principale piazza della città per ore? O avrei visto il solito esagerato schieramento di forze dell’ordine, in tenuta antisommossa, pronto a intervenire, come da ormai sette anni vedo accadere sempre in città?
Ribadisco, lungi da me criticare l’operato delle forze dell’ordine. Ma penso che i dubbi siano leciti, visti anche alcuni precedenti nel nostro Paese, che mi hanno sempre lasciato stupito e che vorrei passare in rassegna. A partire da uno in particolare, che è passato sotto silenzio, almeno per quanto ho visto personalmente.
Circa un anno fa, l’8 gennaio del 2023, l’autostrada A1, la principale arteria autostradale del paese, rimase bloccata per quasi un’ora, tra le 13:00 e le 14:00. Il motivo? In un autogrill tra le uscite di Arezzo e Monte San Savino, due gruppi di ultras, di Napoli e Roma, si erano dati appuntamento per scontrarsi, bloccando completamente la circolazione. Secondo quanto è stato possibile ricostruire ai tempi, i tifosi della Roma in transito, molto probabilmente avvisati della presenza dei napoletani, rallentarono la marcia fino a fermarsi all’altezza dell’area di sosta Badia Alpino mentre una parte della tifoseria partenopea, posizionatasi lungo la recinzione, iniziò un fitto lancio di oggetti contundenti verso le autovetture sulla carreggiata.
Entrambi i gruppi in brevi attimi si spostarono all’altezza dell’uscita dell’autogrill e entrarono in contatto per pochi minuti. I tifosi della Roma ripresero poi la marcia, mentre gli ultras partenopei bloccarono ancora per qualche momento l’ingresso dell’autogrill.
O come dimenticare la finale di Coppa Italia del 2014, tra Fiorentina e Napoli, che fu preceduta da scontri in città tra ultras della Roma e del Napoli, che portarono alla morte del tifoso partenopeo Ciro Esposito. Nella stessa giornata, salì agli onori della cronaca Genny ‘a Carogna, capo ultras napoletano, figlio di un noto camorrista, con il quale il capitano del Napoli Marek Hamsik fu costretto a dialogare, per fermare il lancio di petardi e fumogeni in campo, ottenendo solo dopo vari minuti il “permesso” di giocare la partita.
Ora, le conclusioni che possiamo trarre credo siano varie. Primo, lo scorso venerdì a Bologna la situazione non è sfociata fortunatamente in niente di drammatico. Gli episodi che ho citato sono ben più gravi. Tuttavia, i dubbi rimangono. Com’è possibile che ancora accadano cose del genere? Com’è possibile che un gruppo di supposti tifosi possa avere campo nel libero nel minare l’ordine pubblico in questa maniera? Certo, varie persone sono state schedate, arrestate, condannate per questi episodi; ma se prevenire è meglio che curare, come recita il detto, allora mi chiedo, come mai non è stato possibile prevenire? Episodi del genere accadono con frequenza nel nostro Paese, e i protagonisti sono sempre i soliti.
I membri più violenti delle tifoserie camminano alla luce del Sole e, se non sono già schedati, sono facilmente identificabili. E sarò tacciato di qualunquismo o bollato come simpatizzante anarchico per questo, ma mi sembra che ci sia una grossa disparità di trattamento fra questo tipo di episodi e altre manifestazioni pubbliche, come proteste studentesche o attivismo climatico, come abbiamo potuto vedere spesso di recente. Ribadiamolo, lungi da me criticare o lanciare accuse, ma quel vago sentore che qualcosa non torni, quello rimane.