Politica e Società
A chi appartiene la cultura?
Come Esch (Lussemburgo) ha abbandonato i suoi giovani creativi
A cura di
Caterina Biondi
Immagini di
Reyhan Mutlu ed Erik Mathias
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Disappunto e amarezza, questi sono i sentimenti che traspaiono dall’annuncio su Instagram del 3 giugno da parte del progetto BUNKER nel Gran Ducato di Lussemburgo. Nato poco più di un anno fa, aveva avviato la sua attività creando uno spazio multidisciplinare e di upcycling nella struttura Bâtiment 4 a Esch-Sur-Alzette, seconda città del piccolo stato nel cuore dell’Europa. Il post è in risposta a una e-mail con cui, proprio quella mattina, è stato posto fine al contratto dei progetti BUNKER e di Cell – Centre for Ecological Learning Luxembourg, con annessa intimazione a lasciare le stanze dell’edificio.
Proprio quel giorno si doveva tenere un evento per cui BUNKER lavorava da tempo, in collaborazione con il collettivo Nobody Owns Culture (noc.turn), che dall’inizio aveva supportato il progetto. Nei mesi precedenti erano riusciti a ottenere il permesso dal municipio di Esch per ospitare una “notte bianca” con la fine dell’evento prevista per le 5 del mattino e avevano ricevuto una concessione temporanea dalle autorità locali per vendere alcolici. L’evento segnava il decollo delle attività dello spazio, con una programmazione culturale e uno scambio creativo che mirava a portare un ambiente artistico più variegato a Esch e a Lussemburgo, Paese da cui i giovani si vedono costretti ad andarsene in cerca di luoghi più stimolanti.
La capitale della cultura
Solo un anno fa Esch veniva nominata Capitale della Cultura Europea 2022 e il municipio si affidava all’associazione FrEsch per implementare la strategia culturale della città. All’epoca Françoise Poos, direttrice del palinsesto culturale di Esch2022, raccontava ad ArtTribune che l’obiettivo era il passaggio da “una società industriale a una società della cultura e della conoscenza” discutendo tematiche come l’identità nell’era digitale, il valore della diversità culturale europea e la comprensione reciproca. Infatti Esch, città storicamente mineraria e industriale, presidiata oggi dalla multinazionale dell’acciaio Arcelor Mittal, è frequentata principalmente da lavoratori pendolari e si svuota per un terzo durante la notte.
I collettivi che si erano stabiliti nella struttura di Bâtiment 4 nel 2021 erano parte di questa “riqualificazione” culturale ma fin da subito avevano avuto problemi con la struttura, sia nella diseguale assegnazione di fondi per i diversi progetti, sia nella gestione sempre più carente dell’immobile.
Il progetto BUNKER, insediatosi nell’agosto del 2022, racconta sul proprio profilo Instagram come in un anno il personale sia stato ridotto da tre dipendenti a uno solo, usato quasi esclusivamente per i grandi eventi tenuti da FrEsch, come Nuits de la culture e Francofolies.
Suona ironico, inoltre, come una delle motivazioni di FrEsch per interrompere il contratto con le due associazioni sia un piccolo incendio divampato in un bidone fuori dall’edificio e prontamente spento con uno degli estintori a disposizione. Mentre ben altri sono i problemi irrisolti all’ordine del giorno, come la cattiva qualità dell’acqua e i problemi di amianto in alcuni spazi non decontaminati.
Nonostante le già evidenti falle nella gestione, sembrava che almeno la permanenza dei collettivi fosse, anche se tormentata, comunque assicurata. A Febbraio FrEsch aveva infatti proposto ai residenti un rinnovo di contratto estendendo la loro permanenza fino al Maggio del 2024, chiedendogli di presentare piani per spartirsi i 250.000 euro destinati a progetti chiamati Post-Esch2022 Carte Blanche. Questo contratto non era però mai stato controfirmato dalla direzione di FrEsch, facendo scaturire nei collettivi dell’edificio la sensazione di essere semplici pedine nella gara elettorale.
Il capitale culturale invisibile
Se andate a visitare il profilo Instagram di BUNKER – Arts + Vintage vedrete pochi post ben curati che raccontano una storia. La storia di un luogo che prende forma attraverso il recupero e il riciclo di oggetti comuni e grazie al lavoro collettivo di un gruppo di giovani artisti. Un luogo che si trasforma in qualcosa di unico e che mira a portare novità nella città di Esch e a Lussemburgo. Bunker è iniziato un anno fa, ideato da Rey, leader del progetto. Grazie al supporto del collettivo artistico di cui fa parte, Nobody owns Culture, Rey è riuscita a riqualificare quelle che erano le stanze dismesse di Bâtiment 4, creando uno showroom dove ha organizzato eventi relativi al tema dell’upcycling, mercati vintage e serate musicali.
Il collettivo noc.turn è un tassello fondamentale nella storia di BUNKER e nella recente storia culturale alternativa di Lussemburgo. “Siamo Nobody owns Culture e non è un caso che il nostro collettivo sia nato in questo ambiente. È venuto naturale – più che necessario, in un luogo dove la cultura viene costruita in modo fittizio – non solo lasciando fuori persone e comunità, ma anche creando un’utopia a cui è impossibile accedere senza sottomettersi e rinunciare alla propria autenticità”. spiega Rey parlando del collettivo. Negli anni, noc.turn, che ha permesso a giovani creativi di esprimersi e creare iniziative a Lussemburgo, non si è mai sentito accettato ma anzi, bloccato e ostacolato.
Rey, di origini bulgare e turche, era arrivata a Lussemburgo cinque anni fa per studiare letteratura inglese dopo anni passati a viaggiare, coinvolta in vari progetti artistici e culturali alternativi in giro per l’Europa. In questa sua ultima tappa non era stato facile per lei trovare il proprio posto, finché le sue strade non si sono incrociate con il collettivo, grazie al quale aveva potuto finalmente chiamare Lussemburgo casa. “Il collettivo mi ha incoraggiato sempre di più nelle mie esperienze di autoapprendimento anche quando lottavano per sopravvivere – afferma l’artista -. Ho dedicato tutto il mio tempo libero al collettivo e loro hanno dato tutto ciò che avevano senza retribuzioni, per pura passione e amore per ciò che fanno – cosa che invece manca a coloro che non ci hanno permesso di crescere e che rendono materialistico tutto ciò che possono.”
Non apparteniamo a nessuno, la cultura non appartiene a nessuno
Nella lettera aperta di Rey è chiara la rassegnazione e l’amarezza lasciata dalla fine di un progetto che era l’ultima speranza per alcuni giovani del luogo di creare qualcosa di diverso, qualcosa che rendesse Lussemburgo vivibile per chi vuole arte e cultura senza scendere a compromessi. Ma quest’ultima sconfitta è per i giovani solo la riprova che ancora una volta loro amano quel luogo più di quanto quel luogo ami loro: “Lussemburgo hai perso alla grande e non ho più altro tempo da perdere con te” afferma Rey nella sua lettera.
Un messaggio a cuore aperto e un ultimo “take over” nelle stanze così accuratamente dipinte, dove solo poco tempo fa sorgeva BUNKER: queste le ultime azioni del collettivo. Infatti nei giorni successivi all’e-mail i sostenitori del progetto sono stati chiamati a “taggare” i muri del luogo per lanciare un messaggio di protesta. Le stanze di BUNKER sono state quindi tappezzate di articoli di giornale, scritte – “Art does not stop at 22.00”, “where is the money?” – e foto di un uomo vestito in arancione che impugna un estintore, l’interpretazione sarcastica dell’avvenuto da parte di un fotografo del collettivo.
Nonostante l’enorme delusione, la lettera di Rey finisce con una nota di speranza combattiva scaturita da una discussione con gli ultimi due membri rimasti del collettivo noc.turn: “Non c’è nessun potere sulla faccia della terra che possa dettare la nostra esistenza. Se vuoi privarci delle nostre opinioni, a noi non va bene. Se vuoi cambiare ciò che siamo, a noi non va bene. Se non possiamo esistere così come siamo, a noi non va bene. Non apparteniamo a nessuno e la cultura non appartiene a nessuno”.