Queer

Cinema

Il cinema Queer spopola a Firenze

La Rassegna Cinematografica a tema LGBTQIA+ al Cinema La Compagnia per la 21esima edizione

A cura di

Ofelia Mura e Bernardo Maccari

Immagini di

Sandra Nastri


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Al Cinema La Compagnia di Firenze si svolge dal 18 al 22 Ottobre la cinque giorni del Florence Queer Festival, la più importante rassegna cinematografica toscana dedicata alla cultura LGBTQIA+, organizzata da IREOS, associazione che lavora sui temi della cultura, della salute e del benessere, della comunità QUEER fiorentina e toscana. Giunto alla sua ventunesima edizione, per l’occasione abbiamo incontrato Barbara Caponi e Giacomo Brotto, direttori del festival, con cui abbiamo avuto modo di approfondire le tematiche, le ragioni e gli obiettivi del FQF.

Quest’anno, in apertura, uno spettacolo omaggio alla compianta Michela Murgia. Un momento di grande coinvolgimento di pubblico: “Un coinvolgimento quasi commovente” ci dicono Barbara e Giacomo, “il miglior modo per iniziare il festival” in questa sua ventunesima edizione.

Le origini di FQF possono essere collocate simbolicamente a Torino, ancora oggi sede della più importante rassegna cinematografica nazionale a tema QUEER, e da cui trae ispirazione il “cugino” fiorentino. Partito come un weekend di cinema, arrivato a evolversi in una cinque giorni di eventi, come quella di quest’anno: “Un po’ per gioco, un po’ per passione, un po’ per sfida, tra persone che facevano parte dell’associazione IREOS, appassionate di cinema e che da anni frequentavano il festival di Torino”. Oggi FQF è dentro un progetto della Regione Toscana, fa parte di una rassegna di festival ospitata dal Cinema La Compagnia, e può contare su una rete di collaborazioni costruite nel tempo.

Barbara ci toglie subito un dubbio: “Ci fa piacere che il festival in qualche modo si rivolga anche alla rete cittadina, a prescindere dall’appartenenza”, dice, “associazionismo, collettivi, rappresentanze istituzionali, scuole. Insomma, un festival che ha la pretesa e l’umiltà di parlare a tutti”. E, sottolinea Giacomo: “Vuole essere più mainstream possibile, non vuole parlare solo alla comunità ma anche agli interessati e ai curiosi”.

Nell’esserlo, è forte l’influenza di IREOS, di cui rimane la rete principale, e di cui si è cercato di trasportare l’esperienza di tutti i giorni in un ambiente particolare e specifico come quello della rassegna cinematografica: “Abbiamo cercato il più possibile di portare l’attività quotidiana di IREOS all’interno del festival. A me piace dire che facciamo attivismo attraverso gli audiovisivi.”

Punti di forza: convivialità e condivisione. Il festival e la sala cinematografica come luoghi partecipativi in senso assoluto, anche in termini ulteriori rispetto a quelli cui si pensa tipicamente, con piena consapevolezza dell’avvento di numerosi supporti, luoghi, momenti, alternativi a quello del festival e della sala cinematografica in cui è possibile usufruire di contenuto audiovisivo. La sala, in particolare, luogo di condivisione per eccellenza; la convivialità, dice Giacomo, da sempre caratteristica centrale della comunità LGBTQIA+.

Si cercano quindi anche di “mescolare”, quasi rivoluzionare, questi spazi: “Avremo, ad esempio, un sabato pomeriggio dedicato alle famiglie, nel quale cercheremo in qualche modo di facilitarne la presenza, creando uno spazio in cui sia possibile lasciare i bambini a giocare, per permettere ai genitori di godersi un film in santa pace”, spiega Barbara; “oppure la nostra sala può trasformarsi in sala giochi per adulti, come accadrà nel caso del nostro ospite Immanuel Casto che giocherà con i partecipanti ai suoi giochi da tavolo”, aggiunge Giacomo.

C’è spazio anche per il piccolo schermo, termine in realtà sgradito ai due organizzatori che preferiscono parlare solo di “schermi”. Ed è proprio su uno di questi schermi che verrà proiettata la nuova serie di Xavier Dolan: The Night Logan Woke Up, in anteprima nazionale. Infine, c’è spazio, o ancor meglio questo spazio lo si cerca di creare, per il dibattito, la discussione: “Al pubblico del festival non chiediamo soltanto di pagare un biglietto. Gli chiediamo di partecipare, di dialogare con noi in sala, di farci domande e di farle ai nostri ospiti. Di darci dei feedback; per noi è molto importante la partecipazione attiva.”

A questo punto, per concludere, proviamo a far scegliere a Barbara e a Giacomo la loro proiezione preferita fra quelle della rassegna. Ovviamente, non è così semplice: “Abbiamo molto apprezzato tutto il materiale che abbiamo deciso di proiettare, ed è quindi molto complicato fare una scelta specifica”, ci spiega Giacomo, “quello che posso dirti è che aver aperto la scaletta con un film, Our Son di Bill Oliver, i cui protagonisti sono una coppia omogenitoriale è stata una dichiarazione di intenti: una scelta molto precisa. In un momento in cui il nostro governo cerca di rendere reato universale la gestazione per altri all’estero, mettere un film di genere in quella posizione, è il nostro modo di dare un’opinione riguardo a quello che sta succedendo negli ultimi mesi intorno a noi.”

E, aggiunge Barbara: “Oltre all’attenzione al presente, fra le linee guida c’è stata, in un certo senso, quella della celebrazione; questo è un festival che è attento alla comunità e a chi ha fatto in qualche modo la storia della comunità. Penso quindi al corto Monsieur Le Butch, e a Rita De Santis, cui verrà dedicato uno spazio prima della proiezione”. Niente è dunque lasciato al caso, e non potrebbe essere altrimenti. Convivialità, condivisione, attivismo e storia della comunità, in un luogo sacro come la sala di un cinema.

Che dire: buon festival a tutti.

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