Letteratura
Don Chisciotte e l’isterismo del Terzo Millennio
Un breve tuffo nel romanzo picaresco
A cura di
Leonardo Mori
Immagini di
Nivaagaards Malerisamli
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“Yo oro ni plata no te lo puedo dar, mas avisos para vivir muchos te mostraré.”
Né oro né argento posso darti ma ti darò molti consigli per vivere.
Piccolo quiz: dove si può trovare questa frase?
- In un video di YouTube di life-coaching
- In un romanzo spagnolo del Cinquecento
- Sopra l’ingresso di una casa di appuntamenti a Madrid
Qualunque risposta tu abbia scelto, è corretta. Questo articolo inizia così.
Il termine “picaresco” ha un’etimologia incerta. Pare che derivi da “picaro”, ossia “pidocchio” in castigliano (lo spagnolo): un animale da poco, un parassita, compagno di vita dell’umanità (i “Bassi” di orwelliana memoria) per millenni. Con “letteratura picaresca” si intende un genere letterario caratterizzato da protagonisti di bassa estrazione sociale: individui che vivono alla giornata come nobili impoveriti, orfani, avventurieri.
Il romanzo picaresco nell’antichità
Le radici di questo particolarissimo filone risalgono alla letteratura classica. Nel Satyricon di Petronio, un prosimetro (un misto tra poesia e prosa) scritto nel I secolo d.C., i quattro personaggi principali si barcamenano tra banchetti offerti da parvenu, sacerdotesse ubriache, prostitute, ladri e ogni tipo di azione criminale e violenta. Se consideriamo che, nella storia della letteratura, la maggior parte di ciò che ci è rimasto dei secoli passati (fino almeno alla Prima Rivoluzione Industriale) ha come oggetto le vicissitudini degli strati sociali medio-alti, trovarsi di fronte ad opere che dipingono gli strati più bassi della società è raro, quando non addirittura impossibile.
Don chisciotte e i giorni nostri
Finita la parte pallosa. Ora, cosa c’entra Don Chisciotte di Miguel de Cervantès con il Terzo Millennio? Ora ci arriviamo. Le opere della letteratura picaresca non sono molto digeribili. Spesso contengono scene di una violenza sconcertante, specchio di società passate basate sull’ingiustizia e la sopraffazione del prossimo. Senza la bacchetta magica dell’industria, tutto ciò che viene prodotto deve essere fatto a mano. È un mondo dove l’analfabetismo è diffuso, dove la violenza è presente a ogni livello della scala sociale. Un mondo buio e tenebroso, non solo quando cala il Sole. Un mondo dove il 99% della popolazione vive in condizioni di fame endemica, in spazi stretti ed angusti.
Lo storico Paolo Prodi ha calcolato che, nelle città europee durante Età Moderna, dal ‘400 alla fine del ‘700, un abitante su cinque fosse un mendicante. La proporzione raddoppia nei territori sotto i domini coloniali spagnoli e portoghesi, terre dove, in due balletti, intere popolazioni sono state sterminate dalla santa trinità occidentale recitata nel rosario di “Armi, acciaio e malattie” di Jared Diamond.
Violenza, povertà e malattia
Questo discorso si estende e si fa ancora più oscuro quando si nasce con i genitali “sbagliati”. La donna media di Età Moderna subisce molestie, violenze e abusi da parenti o sconosciuti su una scala inimmaginabile per i nostri standard. Ed in un mondo dove fame e violenza regnano sovrane, la medicina è impotente e le dinamiche sociali sono completamente diverse dalle nostre, come possiamo capire davvero cosa ci sia sotto quelle parole vecchie ormai di secoli? Cosa c’entra un nobile vecchio, spiantato e folle che va alla carica contro i mulini a vento con l’isterismo dei nostri tempi?
Nonostante le trasformazioni del capitalismo e della rivoluzione industriale, la povertà è un tratto centrale in ogni società a livello globale. L’ombra lunga del picaresco, con i suoi spazi vuoti, gli oggetti che mancano (siano essi cibo, mobili, vestiti, strumenti di lavoro), le persone povere, è ancora con noi. All’inizio del nostro secolo, il tardo-capitalismo sta accentuando le sue contraddizioni, facendo emergere le disuguaglianze strutturali nell’accesso a beni e servizi.
Lazarillo de Tormes, il primo eroe picaresco
Prendiamo uno dei primissimi romanzi picareschi, il Lazarillo de Tormes. Quest’opera anonima, scritta probabilmente intorno al 1534, ma pubblicata solamente vent’anni dopo, racconta della vita di Lazarillo (notare come il nome riecheggi da molto vicino Lazzaro), narrata da lui stesso. All’inizio dell’opera, il padre di Lazarillo viene arrestato per aver rubato del grano. Per ottenere la libertà, si mette al servizio come scudiero di un nobile diretto in un conflitto contro i Turchi, dove periranno entrambi.
Rimasta senza soldi, la madre di Lazarillo, si trasferisce a Salamanca, dove spera di sposarsi con qualche riccastro. Primo squarcio: le persone rispettabili sono quelle che dispongono di beni e servizi. La bontà si basa sul portafoglio, non sul cuore. Non riuscendo a sposarsi con una persona “buona abbastanza”, la madre di Lazarillo lascia il figlio ad un mendicante cieco che, in modo brutale, introduce il ragazzo all’arte della sopravvivenza.
Dopo molte avventure, Lazarillo inizia la sua carriera pienamente picaresca (quindi da avventuriero) scrivendo proprio la sua autobiografia, ossia il Lazarillo de Tormes, dove, a parere suo, si discolpa dalle accuse affermando che la responsabilità individuale non può essere accettata senza riconoscere la colpa collettiva della società.
Una genere letterario con protagonisti gli ultimi
Se la letteratura cortigiana contemporanea al Lazarillo e al Don Chisciotte (scritto però tra ‘500 e ‘600) si impegnava a raccontare di cavalieri senza macchia e senza paura, super-uomini privi di difetti, fedeli, devoti, guidati da un’etica quasi medievale, quella picaresca piomba nella vita di tutti i giorni degli emarginati. In Spagna il canone picaresco ribalta non solo il focus (dall’alto verso il basso), dipingendo un ricco quadro di criminali, prostitute, portatori d’acqua, gitani e vagabondi: ribalta tutti i valori tradizionali.
Il mondo è un posto ingiusto e cattivo. Mors tua, vita mea evolve da un farfuglio in latino a regola di vita. L’ascesa e caduta degli imperi sono ininfluenti verso costoro proprio perché l’arte della sopravvivenza è dominata in ogni ambito. Lo que uno come, otro se pierde por ello: il dolce di uno è l’amaro di un altro.
Secondo squarcio: in un sistema di trasformazione e che non accenna a morire, che sia la società spagnola del tempo o il Primo Mondo ai tempi di Internet, ogni persona vive in un sistema semplicemente troppo complesso per essere compreso, forse addirittura per essere cambiato. Di qui, l’arte di arrangiarsi è padrona.
Il picaresco nel cinema e nella pittura
Sarebbe però improprio ritenere che la letteratura picaresca sia solo a tinte fosche. Non mancano, difatti, diversi momenti comici (in questo il Don Chisciotte fa scuola). Su quest’ultimo punto, Monicelli negli anni ’80 produsse un film con Enrico Montesano e Giancarlo Giannini come protagonisti. Il film (I picari) è una delle opere meno conosciute di Monicelli, eppure sposa appieno la poetica picaresca con quel taglio di amarezza di fondo di un regista che disse come la speranza sia il peggiore dei mali.
Inquadrature che riprendono perfettamente quadri di Velazquez, di Goya, di Tiziano e Caravaggio sono presenti qua e là in un film che, purtroppo, risulta a volte troppo sofisticato nelle sue citazioni per essere davvero apprezzato. Ed anche qui, come in molti film di Monicelli, c’è comunque l’elemento comico a stemperare l’oscurità sociale di fondo. Sono esistenze più brevi delle nostre, più movimentate. Società che non inquinano la natura bensì cercano di non essere sopraffatte da essa? Fino a un certo punto: le terre di Don Chisciotte sono desertiche proprio perché eccessivamente sfruttate. I fiumi sono in secca per l’avidità umana. Terzo ed ultimo squarcio: le persone possono diventare violente per i motivi più disparati.
Indubbiamente, le condizioni di bisogno alimentano comportamenti socialmente non accettabili (furti, truffe, reati di ogni genere). Una società basata sullo spreco e la diseguaglianza porta anche a queste conseguenze.
Echi picareschi si ritrovano anche nei film di Scorsese, dove il regista statunitense demolisce, opera dopo opera, ciò che resta del “Sogno americano”. Boardwalk Empire, una serie tv di qualche anno fa, non ha eroi: i personaggi hanno tratti grigi, sospesi di continuo tra il bene ed il male, accomunati da una violenza di fondo che esplode nei momenti più opportuni, sia essa fisica, psicologica, economica.
Dalla spagna all’inghilterra
Il genere picaresco ha avuto fortuna perché non solo confinato alla Spagna, ma proprio perché è stato “trapiantato” in Inghilterra all’inizio del ‘700 da Daniel Defoe. Robinson Crusoe e Moll Flanders sono i personaggi simbolo di un’etica borghese che inizia solo in quel momento ad affermarsi, proponendo valori nuovi in un vecchio mondo che mostra tutte le sue metastasi e dove il nuovo non si è ancora affermato (come invece avverrà in Francia a fine secolo, cancellando un sistema durato sedimentato da secoli con la Rivoluzione).
Moll Flanders, orfana, sfrutta il suo corpo e la sua intelligenza per farsi strada in spazi dominati dagli uomini, riuscendo, infine, a sposarsi con un ricco uomo nel Nuovo Mondo godendosi una vecchiaia nell’agio e nel lusso. Ancora più crudo è infine The Luck of Barry Lyndon, di William Makepeace Thackeray, romanziere vittoriano (l’autore di Vanity Fair, il libro, non la rivista). Qui il picaresco è portato all’estremo: sotto la patina menzognera del racconto di Barry, seguiamo questo arrampicatore sociale e privo di scrupoli in una società che ipocritamente si considera gentile e razionale.
Il picaresco tra età dei lumi e distopia
Scritto agli albori del Positivismo, porta all’estremo le emozioni e la ferocia dell’essere umano (senza tuttavia arrivare ai tratti quasi nauseanti di un Marchese de Sade) in un’epoca dove i Lumi sembrava potessero migliorare e organizzare razionalmente la società, riconfigurando in senso antropologico i suoi caratteri.
È con una chiosa più che drammatica, quasi contemporanea, che possiamo infine trovare echi picareschi nella letteratura cyberpunk, dove l’anarco-capitalismo e la tecnologia senza limiti hanno cambiato profondamente la società e dove la Natura scompare sempre più velocemente perché non se ne può più trarre profitto. Questo articolo è stato scritto pochi giorni dopo uno dei primi uragani mediterranei che ha distrutto la Libia. La Natura, anche umana, non è cattiva. Può esserlo, come no. Quel che importa è vedere l’alba del giorno dopo, poco importa in che modo.
Yo oro ni plata no te lo puedo dar…