Politica e Società

All’ombra delle Due Torri

O cosa succede nelle grandi città. Il caso Bologna

A cura di

Lorenzo Marsicola

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Ricordo, dopo quasi otto anni, la mia prima esperienza a Bologna. Ero un giovane studente di belle speranze, come tutti alla disperata ricerca di un alloggio. Ricordo una delle prime sere, in cui mi trovavo in Piazza Verdi, in piena zona universitaria, seduto ad un tavolino di un bar a sorseggiare qualcosa con amici.

Tra una chiacchiera e l’altra, si fa tardi, saranno state circa l’una, quando, al centro della piazza, in stile western, si ritrovano una serie di persone che cominciano a colpirsi a suon di bottiglie e accendini lanciati da una parte all’altra della piazza. Ricordo anche una volante ferma all’angolo, che osservava senza muovere un dito.

Ricordo, infine, il barista del locale dove mi trovavo, fermarsi sulla soglia, suggerendoci di restare là fermi: “Tanto a breve interviene la polizia, se esagerano, e se ne vanno a casa”. Non ho avuto paura, in quel momento, per quanto la scena fosse tutt’altro che rassicurante. Se non altro perché un passante ignaro avrebbe potuto facilmente rimanere vittima del lancio di qualche oggetto. Ricordo, in seguito, striscioni in via Petroni, altra via centrale della zona universitaria, e della movida bolognese: dormire è un diritto, impedirlo è un sopruso, recitava il più iconico. Ricordo di aver acquistato più di una bicicletta, per cinque euro o poco più.

Ricordo anche che tutte quante mi sono state rubate nel giro di qualche settimana. Mi tornano alla mente magliette, adesivi, graffiti: I love XM24, Riapriamo Labàs. Ricordo le vie del centro piene di gente fino al mattino presto, senzatetto che dormivano accanto alle macchinette del caffè in via Zamboni 36, fuori dalla biblioteca di discipline umanistiche, con i rarissimi turisti stupiti, o esterrefatti in alcuni casi, che chiedevano se quello fosse un museo. Una città caotica, viva, piena di contraddizioni, ma con un suo equilibrio.

Ricordo che tutto ciò mi piaceva, ma forse gli occhi di un giovane studente, annebbiati dall’euforia per la nuova vita da fuorisede, non sono il metro più oggettivo che si possa trovare. A distanza di otto anni, mi ritrovo nuovamente a vivere Bologna, questa volta da adulto, fortunatamente con un alloggio, con una laurea, con nuovi amici ed esperienze fatte; ma, forse per qualche contrappasso dantesco, senza lavoro stabile. Ma insomma, non si può avere tutto dalla vita, e non è questo il punto del nostro articolo. Tanto è cambiato nella mia vita, ma altrettanto è cambiato nella mia città.

Anche se, a ben vedere, i problemi restano, e forse questo cambiamento non è nient’altro che una patina, un velo, che però è facile squarciare. Due premesse fondamentali: la prima, i punti che affronterò riguardano da vicino molte altre città in Italia, in particolare le grandi città come Bologna, che prendo ad esempio in quanto ne ho diretta conoscenza e riscontro di quanto trattato.

Gli ultimi avvenimenti

Seconda premessa: il pretesto per questo articolo è quanto accaduto nelle ultime settimane: in data 19 agosto, un netturbino, che stava pulendo la scalinata di Piazza VIII Agosto, è stato aggredito senza apparente motivo da un passante, che lo ha mandato in ospedale. Questo ha costretto il sindaco Lepore a convocare un consiglio di sicurezza straordinario, in cui ha invitato tutte le forze politiche della città a fare fronte comune per affrontare l’annosa questione legata alla sicurezza, evitando strumentalizzazioni “per il bene dei cittadini”. sempre nel corso della scorsa settimana, lo stesso sindaco ha scritto direttamente al ministro Piantedosi, chiedendo fondi straordinari da destinare al problema sicurezza.

Tuttavia, una frase del sindaco, pronunciata durante un’intervista circa i recenti avvenimenti, ha suscitato grandiose polemiche «Abbiamo molte segnalazioni da un parente di un rappresentante di Fratelli d’Italia, che prendo sul serio perché, nonostante questo, è un cittadino». Il senatore Marco Lisei (FdI) ha criticato duramente il sindaco, definendo la sua affermazione «di gravità inaudita». Secondo Lisei, Lepore avrebbe lasciato intendere che i cittadini parenti di esponenti di Fratelli d’Italia siano oggetto di particolare attenzione e monitoraggio da parte dell’amministrazione comunale. «Facciamo fatica a trovare altre risposte che non siano definibili come ‘liste di proscrizione’, una vera e propria schedatura degli esponenti di FdI” ha dichiarato Lisei, evidenziando come queste pratiche minaccino la democrazia e la libertà nella città.

Lisei non è stata l’unica voce ad alzarsi, come potete immaginare, ma non è di questa polemica che vogliamo parlare. Il punto è l’impossibilità della politica cittadina di affrontare questioni riguardanti salute e sicurezza pubblica, senza scadere come sempre in strumentalizzazioni a tratti infantili, che impediscono qualsivoglia forma di dialogo fra le parti, e nella bagarre che ne viene fuori, gli unici a rimetterci sono gli abitanti della città.

La grande Bologna

Altro punto è il modo caotico in cui l’amministrazione Lepore, in continuità con la precedente di Merola, sta gestendo i problemi cittadini. parlo qui del famigerato documento, centro della campagna elettorale di Lepore, “La grande Bologna”, in cui il sindaco e la giunta si concentravano su cinque punti chiave: Bologna che cresce per tutte e tutti; Bologna per il diritto alla salute e alla fragilità; Bologna verde e sostenibile; Bologna educativa, culturale e sportiva; Bologna vicina e connessa.

 Nella pratica, fra i progetti principali ci sono la Città della conoscenza, la rivitalizzazione del distretto della Fiera, le Case di comunità, il Progetto Impronta Verde, le nuove infrastrutture (Servizio ferroviario metropolitano, il Tram, la Bicipolitana e il Passante, che consiste nell’ampliamento delle corsie della tangenziale che abbraccia la città), l’azzeramento delle liste d’attesa per gli asili nido, un grande piano di edilizia pubblica e un nuovo piano per il Decoro Urbano.

Insomma, il tentativo di rendere più moderna e vivibile una città che negli ultimi anni è stata soggetta a una sensibile crescita, economica in primis, e, in controtendenza rispetto alla media nazionale, anche dal punto di vista demografico: negli ultimi venti anni, si è registrato un aumento del 28,4% della popolazione tra 0 e 14 anni, oltre a una diminuzione del 3,5% della popolazione over 65. Una città dove la percentuale degli stranieri si attesta al 15,1% sul totale dei residenti (da questa sono esclusi ovviamente i moltissimi studenti presenti in città: lo scorso anno accademico ha registrato 96.984 iscritti, distribuiti fra le varie sedi dell’Unibo, con circa la metà di essi che risiedono in città, tenete a mente questo dato). Degno di nota è poi l’incremento del settore terziario, e in particolare dei servizi legati al turismo, anch’esso in forte ascesa.

Nuova città, vecchi problemi

Dal post-covid, per chi come me lavora nella ristorazione, l’aumento dei turisti ha dell’incredibile, se ripenso agli anni pre-pandemia, in cui erano una rarità. Questo, come altri cambiamenti sopraelencati, sono dunque visibili, oltre a essere confermati dai dati statistici: Bologna sta diventando una città sempre più internazionale, moderna, una metropoli insomma. Nascono nuovi servizi, grandi marche e aziende internazionali investono in città. Ma, come quasi sempre accade in questi casi, le controindicazioni non si fanno attendere.

La forbice sociale è sempre più ampia, nonostante l’amministrazione Lepore abbia in agenda provvedimenti che vadano a contrastare questo fenomeno: “Con questo Piano per l’uguaglianza metropolitano – ha dichiarato la vicesindaca Emily Clancy al momento della presentazione del Documento – costruiamo le condizioni per un lavoro in divenire che dovrà portarci, come Istituzioni e come società civile, ad individuare le cause delle disuguaglianze di genere e a mettere in campo politiche, risorse e azioni per la rimozione degli ostacoli al raggiungimento di una piena equità”.

Tuttavia, ad oggi almeno, non si intravedono all’orizzonte soluzioni plausibili. Lo stesso dicasi per problemi legati alla sicurezza e agli alloggi in città: per quanto riguarda il primo punto, prendendo spunto dal caso dello spazzino sopracitato, il problema è lo stesso che si riscontra in altre città: il centro cittadino è stato sostanzialmente “ripulito” in nome del “decoro pubblico”, per cui scene come quelle che raccontavo in apertura di articolo non se ne vedono più. Ma il problema non è stato risolto, ma solamente dislocato in altre zone della città. Motivo per cui piazza VIII Agosto presenta le stesse problematiche di Piazza Verdi fino a una decina di anni fa.

Periferie sempre più periferiche

Alla stessa maniera la microcriminalità è stata sospinta lontano dalle zone trafficate da turisti e famiglie, e circoscritta a quartieri come Bolognina (dove da diversi anni è attivo un comitato di quartiere che ha organizzato anche ronde notturne, composte principalmente da commercianti della zona, che pattugliavano le strade. Iniziativa interrotta qualche tempo fa, ma che i residenti sono pronti a riportare in vita) o San Donato, che vivono ad oggi una fase di scontro tra il tentativo dell’amministrazione comunale di ammodernarli e riqualificarli – una parola che piace molto ultimamente, per quanto personalmente abbia un che di inquietante e distopico – e gli evidenti problemi a livello sociale presenti. Problemi di integrazione, chiaramente, a cui le istituzioni cittadine, la scuola o chi per loro non riescono a fare fronte.

 Alla stessa maniera, pian piano vengono ricacciati in periferia anche famiglie e studenti che non possono permettersi un alloggio in città. E, se considerate che Bologna ha scalato le classifiche attestandosi al secondo posto dietro Milano per il costo degli affitti per studenti già dall’anno scorso, potete già intuire l’enormità del problema. Con questo mi ricollego all’ultimo punto del mio articolo, che coinvolge un altro dei principali oggetti di discussione della politica cittadina: il problema degli alloggi. Grave, gravissimo in una città che da sempre, letteralmente, deve la sua fama e le sue fortune alla presenza dell’università. Questo genere di problematica è ovviamente presente in altre grandi città, ma per Bologna, che sugli studenti campa, potete immaginare che sia ancora più grave e urgente.

Soluzioni possibili?

E non è certo la costruzione di studentati e alloggi di lusso la soluzione (vedere la terrificante P-Tower di via Donato Creti in Bolognina per credere): concludo riportando un’interessante disamina fatta da Marta Collot, portavoce nazionale di Potere al Popolo, candidata alle elezioni comunali del 2021, in occasione del secondo anniversario dell’elezione di Lepore: “In questi fantomatici piani (Piano casa) manca sempre un concetto: edilizia residenziale pubblica. Anche nell’immaginario comune, la casa popolare è stata sostituita in un’accomodazione emergenziale e temporanea, non in una vera e propria casa in cui vivere una vita intera.

Questo per colpa anche della legge regionale che dalle varie giunte non è mai stata messa in discussione. La legge, ad esempio, ha modificato la soglia dell’ISEE: in pratica bisogna essere poveri in canna per accedere alla casa popolare, ma appena si riesce a migliorare la propria situazione economica si è costretti a lasciarla perché non si è più idonei. In questo modo non è permessa la stabilizzazione. Per famiglie con un reddito medio basso è impossibile trovare un affitto a prezzi ragionevoli.

E questa conseguenza di una visione politica intrapresa dalla città negli ultimi dieci anni. Chiunque può rendersi conto del cambiamento, sia della città ma anche della regione. A me sembra che Lepore sia perfettamente in linea con l’idea di regione di Bonaccini: grandi eventi e turistificazione di massa, che però rendono Bologna una città di plastica che espelle le fasce popolari e gli studenti. Gli studenti sono sempre stati trattati come una risorsa da spremere, ma erano inseriti nel tessuto cittadino.

Adesso invece si punta sul turismo di eccellenza e anche sugli studenti di eccellenza; basta guardare agli studentati di lusso che crescono in città, mentre gli altri siano palesemente insufficienti e spesso inadeguati. Non c’è regolamentazione sugli affitti, e non c’è controllo sul tipo di immobili che vengono messi a disposizione, come le cantine che vengono reinventate come monolocali. Tutto questo porta il prezzo della casa alle stelle, senza nessun tipo di freno al mercato immobiliare privato.

Questo per non parlare delle discriminazioni che alcune persone di nazionalità non italiana subiscono nel momento in cui cercano casa: alcuni casi sono noti, ma il fenomeno è diffusissimo.”.

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