A cura di

Enrico Casanova

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Sono 16 le curve, per una lunghezza totale di 1650 metri, quelle della pista da bob in fase di ultimazione a Cortina. Un costo esorbitante: 120 milioni. Pista nuova di pacca: la più moderna d’Europa. Il solito orgoglio delle italiche fatiche; essere in ritardo finché si può. Per poi risvegliarsi e lavorarci sopra. La pista, in realtà, già esisteva: inaugurata nel 1923, venne poi restaurata per le Olimpiadi del 1956. Un relitto post-bellico. A dicembre scorso la preoccupazione del Comitato Olimpico era alle stelle. Godevano i detrattori, le faziosità ricolme di ideali, gli ideali ricolmi di fazioni. Certo, mille alberi centenari abbattuti gridano vendetta. I prati deturpati dalla nuova cabinovia. 

L’etica! 

Ma dinanzi a 5,75 miliardi di investimenti, c’è spazio per l’etica? Resta a malapena un posticino per lo sport, il quale dovrebbe essere l’unico motivo di tutto questo bailamme. Basti pensare che il 68% degli investimenti andrà in opere stradali. Quasi 6 miliardi di euro piombano sulla Penisola. Ovviamente questo mucchio di denaro va ad annidarsi tra Milano e Cortina, due poli che possono reggere l’urto. Almeno parrebbe. Sì, sì. Dai che ci riusciamo. 

Fu il governo Conte II ad approvare il primo decreto-legge con urgenza per organizzare i Giochi; la progettazione delle opere e delle infrastrutture andò nelle mani della Simico (Infrastrutture Milano Cortina 2020-2026 Spa), appositamente istituita. Nel settembre 2021, governo Draghi, con un decreto-legge si fa una prima mossa verso un commissariamento: vengono praticamente azzerate le procedure di controllo sulle opere pubbliche. Evvai! Dai, dai che ci riusciamo. Ma 6 miliardi sono tanti, in molti ci guadagnano, evidentemente non la natura. Vivere nella natura: il senso di esistere dentro essa. Difficile, c’è quel progresso che ci insegue mentre scappa: si sente il bisogno in qualche modo di costruire, di aggredire. Giustificando la continua necessità di benessere. 

Cortina d’Ampezzo è un gioiello-gioielleria. La recente polemica della consigliera comunale ampezzana, Roberta De Zanna, sul fatto che i Giochi renderanno Cortina un luogo ancor di più riservato ai ricchi risulta sterile, forse anche un po’ stonata. Lo sci, divertimento dei benestanti, deturpa i boschi, le cime, il silenzio. E via dicendo. Ne diciamo una per tutte: al rifugio Scoiattoli si può pasteggiare a Dom Perignon.

Da ben prima del rifacimento della pista da bob. E poi, di operai che si dirigono nelle Dolomiti non se ne conoscono molti. Rendersi conto della realtà delle cose vuol dire rispettare il mondo e le persone. Lottare, combattere con questa presa di coscienza. Non vuol dire arrendersi, vuol dire accettare la società, togliersi la patina dei paladini. Viene in mente il Candido di Voltaire con la sua risposta a Pangloss “bisogna coltivare il nostro orto”. 

Un’altra infrastruttura: il Villaggio Olimpico di Porta Romana. 6 edifici grigi, 1200 stanze, tutti dentro. Doveva costare 100 milioni, ne costerà 140. Ahinoi, i cantieri sono pieni di imprevisti. Garantiscono le autorità che il complesso, una volta finiti i Giochi, diverrà un “quartiere residenziale sostenibile”. Aggettivo simpatico, cattura l’orecchio. Andare oltre. Mangiarsi un’altra unghia, cercare tra le falangi il pezzettino rimasto da rosicchiare.

Appena 10 anni fa, riuniti sotto l’Albero della vita, si teneva Expo a Milano: perché non riutilizzare quella zona? Sono suggestioni. No, non si può: attorno al decumano di Expo si ricostruirà di tutto: altolà il riuso. Riutilizzo che in verità sarebbe l’unica forma di ecologia praticabile. Edificheranno un ospedale e qualcosa di altro per l’Università di Milano. Il nome del progetto generale è MIND: Milano innovation district. Un vanto, l’innovazione. 

In Italia, la paura verso i Giochi Olimpici è in parte giustificata. C’è un episodio abbastanza recente che ha lasciato tanto da parlare. Si direbbe la paura fa 90. I mondiali di calcio Italia ’90. In quel caso, veramente si trattò di un disastro economico inaudito, la spesa iniziale doveva essere di circa 250 miliardi di lire, spesa lievitata poi a 1248. Due stadi costruiti ex novo: il San Nicola di Bari e lo stadio Delle Alpi di Torino. Quest’ultimo, costatoci ben 200 miliardi di lire, è stato abbattuto nel 2009 per fare spazio al nuovo Allianz Stadium, proprietà della Juventus.

Il San Nicola, dopo alterne vicende, sta vivendo in questi anni una fase di restyling: miracolo? Altri numeri, tragici: ben 24 persone morirono nella costruzione di opere per quei mondiali. Ben 5 in un doloroso episodio durante i lavori al Renzo Barbera di Palermo. Il Sant’Elia di Cagliari: un rudere. Spese folli che interessarono, oltre a stadi sproporzionatamente grandi, tutta una serie di cantieri “laterali”. Parcheggi giganteschi, oppure il costosissimo Air terminal di Ostiense, caduto in disuso subito dopo il triplice fischio della finale. Costruzioni fantasma che aleggiano ancora in alcune città italiane. Così come i 678 feriti e le due inchieste parlamentari (1992, 1999): silenziosi hanno fatto il loro corso. 

C’è ancora spazio per aver fiducia?

Cercando, si incrociano le vie per averla. Beatrice Citterio, ricercatrice in trasformazioni territoriali, partendo da uno slancio di interesse personale verso le montagne, ha dato vita a un progetto silenzioso. Giochi preziosi: una fanzine che prende la forma di un tabloid di una quarantina di pagine, in esso si trovano le foto (mute come le rocce) per mezzo delle quali si prova a dar voce agli aspetti che sarebbero rimasti taciuti.

Vedere l’opera prima dell’opera. Le frane. I prati scoscesi devastati. I reportage delle proteste. Avendola intercettata, le abbiamo chiesto un breve confronto. Beatrice sentiva il bisogno di dare “tridimensionalità a un evento” che non è in nessun modo sostenibile e che – fatto ancor più grave – “è sempre narrato romanticamente, come qualcosa che unisce”. Ma, al 95% si tratta di giochi finanziari, opere immense.

La cosa più triste, anche se ovvia, è proprio che “si fanno le Olimpiadi per fare le opere e non le opere per fare le Olimpiadi”. E allora, perché? Nell’età dell’oro dell’ecologia e della transizione ecologica, assistiamo inermi a un’ulteriore cementificazione della natura. Transizione ecologica che, dicevamo, “impatterà notevolmente sulle classi-medio basse, fornendo un assist d’oro all’acuirsi della disparità sociale”. In ultimo, quel che esce, ed è lì il tratto intrigante del suo Giochi preziosi, è l’atto di denuncia che si risolve in qualcosa di propositivo, che con la lente della fotocamera si fa testimone di qualcosa di bello che c’è e che si rischia di distruggere.

A Cortina, per la pista da bob pianteranno duemila larici. Aspetteremo, meravigliandoci della loro crescita. Andremo là, sotto i loro rami, e appenderemo foto di tutti i danni che le grandi opere hanno fatto. Crimini verso la natura e verso lo sguardo umano. Faremo una mostra con quelle foto, parleremo. Al di là delle faziosità politiche. Paradossalmente si ha bisogno di una boccata d’aria dalla politica, dall’attivismo, dal giusto e dallo sbagliato. 

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