Editoriale
Radici – editoriale N.07
Tratto dalla rivista N.07
Dovevo avere intorno ai sedici anni quando, seduta in cucina, davanti a resti di purè e “grassini” accuratamente scartati, la mia nonna paterna mi ha raccontato com’era mia mamma da giovane. Mia nonna raccontava tante storie — divertenti, tristi, confuse, canterine — ma quella storia dal sapore segreto, di cui mia mamma mi aveva solo dato rari sprazzi, è quella che più mi è rimasta impressa.
Sentir raccontare la vita dei propri genitori, specialmente a un’età in cui tendiamo a distanziarci più che immedesimarci con loro, è un’esperienza peculiare. Al tempo, penso di aver provato rabbia e confusione più che comprensione. Ancora troppo concentrata sulla mia crescita, sentivo l’egoistico desiderio di rigettare quella storia. Vedevo la mia identità non come un qualcosa di sfaccettato che comprendeva anche un passato che mi precedeva, ma come una sostanza formata dal nuovo e unicamente mio.
Qualcosa però quel giorno ha fatto click.
Un pezzo fondamentale del puzzle che era la mia ricerca di “radici” era stato posizionato, in quel punto cruciale dove avrebbe portato alla costruzione di un’immagine vivida, anche se sempre in continua evoluzione.
È interessante scavare e vedere quanti di questi tasselli emergono, piccoli o grandi momenti della propria vita che ci portano a essere ciò che siamo. Momenti che poi sono anche persone, incontri, posti, scoperte.
Nell’ordinare questi pezzetti possiamo anche identificare cosa ci sta stretto, cosa sradicare e rendere mobile, cosa distaccare da noi (p.26) ma ancora identificarci, invece, in un’assenza di radici, in una ricerca che parte dal viaggio, dalla scoperta di cose che si allontanano da ciò che abbiamo sempre conosciuto, per trovare un modo alternativo che funziona meglio per noi (p.86). A volte le nostre radici mobili sono invece identificate in altri, persone che diventano supporti essenziali e che ovunque siamo rendono per noi quel posto casa (p.70).
Quando invece parte delle nostre fondamenta risiedono nel posto dove viviamo, spesso e volentieri è necessario estirpare qualche erbaccia e dargli acqua e magari anche usare un po’ di fertilizzante. Come cerca di fare chi a Firenze e in altre città d’Italia ha creato spazi per coltivare espressione e aggregazione, laddove spesso questa veniva marginalizzata (p.18). Questo è ciò che ci siamo proposti di fare anche con questo magazine, che vuole essere sì pubblicazione, ma anche spazio e comunità. E da espatriata a Londra trovarmi a quel tavolino fiorentino a dire con i miei amici “facciamolo” è stato un altro tassello che ha fatto un click molto simile a quando ero nella cucina di mia nonna. Un tassello che metteva le radici per qualcosa che oggi odora di speranza.